Vedute della provincia di Latina
dal '500 all'800
In una antologia di stampe d’epoca le immagini del viaggio verso il Sud seguendo l’Appia attraverso Cori, le paludi Pontine, Terracina, Fondi, Gaeta e Minturno. Le descrizioni di storici, geografi, economisti, o la sensibilità di artisti e viaggiatori che percorsero lungo l'Appia, regina viarum, l'area a Sud di Roma, l'attuale provincia di Latina, ci trasmettono un quadro singolare e contraddittorio di quell'area meridionale del Lazio. Le terre fertili inondate dal sole, i luoghi mitici dell'Odissea, le mete degli "otia" degli antichi, le città medievali e i porti pontifici; ma anche paludi desolate, pastori e rari contadini che "vivono morendo", lo spettro sottile e obliquo della "mal'aria", povertà e brigantaggio, solitudine e malinconia.
Anche oggi la provincia di Latina, ex regione di confine con il Regno di Napoli, culturalmente papalina fino a Terracina e già napoletana da Fondi al Garigliano, nata solo nel 1934 con la fusione di ambienti sociali e geografici diversi, rimane una terra di contrasti per molti aspetti da riscoprire.
Questa antologia di stampe vuole ripercorrere visivamente un itinerario immaginario lungo gli antichi tracciati viari, accanto a monumenti e memorie romane, fino a rivisitare i centri urbani della provincia così come apparivano nei secoli dal '500 all'800. Dalle incisioni, molto diverse tra loro, emergono le varie interpretazioni figurative del territorio; accanto agli interessi geografici, ora l'attenzione ai valori paesaggistici, ora una più oggettiva visione documentaria. Da tutte (dalle semplici vedutine dell'Antonini a quelle più imbevute di senso storico e archeologico di Rossini) trapela la fatica e lo stupore dei viaggiatori sulla via Appia di fronte ai resti di uno splendido passato, ai centri sottratti alle paludi, a quelli che ne segnano il limite; paesi tanto più ricchi di fascino quanto più difficili da raggiungere.
Sono le stesse impressioni per cui Goethe, al suo arrivo a Fondi, salutato dai rami carichi di arance protesi fuori dalle mura della città, definì questa terra pontina "la più bella contrada non solamente d'Italia, ma del mondo intero".