Una vita da danzatrice
Memorie di un mito della danza moderna
Prefazione di Elisa Guzzo Vaccarino
Traduzione di Pietro Dattola
Loïe Fuller è stata, prima di Isadora Duncan, la più famosa danzatrice americana a diventare una grande star in Europa. Come racconta in questo libro – finora inedito in Italia e uscito giusto un secolo fa, nel 1913 –, a trent’anni fu scritturata a Parigi al Folies-Bergère e divenne in pochissimo tempo uno dei miti della Belle Époque. Questa autobiografia è importante non solo per il racconto di quegli anni gloriosi in cui anche Toulouse-Lautrec le dedicò ritratti e disegni, ma anche perché racconta la sua tecnica di danza fortemente influenzata dalla scenografia e dalla illuminotecnica. La Fuller infatti rivoluzionò la danza nel momento in cui potenziò il movimento del corpo integrandolo con ampi tessuti colorati, luci e suoni che ne esaltarono la dinamicità. Da qui nacquero costumi e coreografie a forte impatto visivo che cambiarono definitivamente sia il modo di danzare sia la scenografia e la messa in scena classiche del balletto. Scrive Elisa Guzzo Vaccarino nella prefazione: «Pioniera dell’interdisciplinarità, oggi praticata e conclamata ovunque nella danza contemporanea, Loïe Fuller, “the Goddess of Light” [...], è capostipite della multimedialità e della virtualità con pragmatismo americano e sofisticazione europea, giocando abilmente con il polimorfismo più ardito e rutilante, dove organico e tecnologico si fondono in perfetta armonia trasfigurata». Di tutto ciò si parla in questo libro che si colloca, accanto all’autobiografia di Isadora Duncan, tra i classici della letteratura sulla danza.
L’autobiografia di Loie Fuller e la storia della sua celebre “danza serpentina”, recensione di Leonilde Zuccari su Il giornale della danza, per leggerla clicca qui