Nuovo cinema tedesco
da Herzog a Wenders, da Fassbinder a Kluge, analizzati, fotogrammi alla mano, nei loro procedimenti tecnico-formali
Il recente successo di film come Good Bye Lenin o il premio Oscar Le vite degli altri ha riportato la cinematografia tedesca al centro dell’attenzione internazionale a circa vent’anni dalla conclusione della stagione del Nuovo Cinema Tedesco. Molti degli autori contemporanei, infatti, affondano le proprie radici in quel movimento nato a cavallo degli anni Sessanta a seguito della Nouvelle Vague francese, quando un gruppo di giovani registi iniziò a riunirsi sotto l’egida del manifesto di Oberhausen (1962) rivendicando i fasti del passato espressionista ma orientandosi al nuovo, all’originale, al libero.
La differenza, rispetto ai colleghi francesi, stava in una dimensione politica: nel rifiutare il cinema dei padri (ma non quello dei nonni: Fritz Lang o Friederich Murnau) i filmmaker del Nuovo Cinema Tedesco rifiutavano ogni compromissione con l’eredità del nazionalsocialismo. Questo atteggiamento verso il passato si rifletteva anche nei confronti dell’identità nazionale che ogni autore cercava di costruirsi con fatica. Un rapporto di amore e odio con la Heimat, la piccola patria delle proprie radici, vissuta come realtà dalla quale fuggire per essere liberi, ma a cui fare costantemente ritorno.
Rileggere con analisi testuali e un’accurata trattazione storica quella stagione d’oro, riscoprire autori come Rainer Werner Fassbinder, Werner Herzog, Alexander Kluge, Edgar Reitz, Wim Wenders significa non solo accostarsi ad alcuni dei nomi più rilevanti della storia del cinema del Novecento, ma anche appropriarsi di validi strumenti per comprendere la realtà europea di questo nuovo millennio.
Introduzione; Capitolo Primo: Breve storia del cinema d'Autore in Germania; Capitolo Secondo: Il viaggio e l'identità. La Storia e il nazismo. La contemporaneità e il terrorismo. L'oggi e le sue contraddizioni. Oltre il cinema; Appendice: Non solo Autore: alcuni generi del Nuovo Cinema Tedesco.